L’ETÀ DELL’ACCIAIO 

I forni ottocenteschi hanno aumentato la produttività grazie ai tanti miglioramenti dovuti alle invenzioni che in questo secolo hanno toccato tutti i campi. La risposta alla crescente domanda di acciaio per nuove applicazioni fu favorita dal convertitore di H. Bessemer nel 1856 che permetteva la produzione rapida di acciaio da ghisa liquida e poi da S. G. Thomas che, nel 1879, mise a punto la produzione di acciaio fuso mediante combinazione dell'ossigeno dell'aria con il silicio e il carbonio nella ghisa. Intorno al 1865, il forno Martin-Siemens entrò in funzione per produrre acciaio omogeneo e speciale. Nella seconda metà del XX secolo, i processi sopracitati furono gradualmente sostituiti da nuove tecnologie. I convertitori ad ossigeno e i forni elettrici ad arco divennero predominanti.

Sopra: Vergella d'acciaio finita
Pulpito da cui viene controllato l'impianto di colata continua: da questo punto si osserva il passaggio dalla colata alle placche di raffreddamento.
LE BOTTEGHE TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
A destra: Armatura di incrocio fra trave e pilastro. Sotto: Valvola d'intercettazione. La valvola collega due tubi; una saracinesca interna permette di intercettare e regolare il flusso.
Nel segno della continuità tra passato e presente non si possono dimenticare le tante officine friulane per la lavorazione del ferro battuto come quella fondata da Giuseppe Calligaris. All’esposizione nazionale del 1902 a Torino i suoi ferri destarono successo per l’adesione allo stile Liberty. Derivavano da un lavoro di modellazione eseguito esclusivamente a martello sulla forgia, passando continuamente dalla fucina all’incudine per modellare e riscaldare il ferro. In quella bottega si usavano solo saldatura e bollitura, che non lasciavano tracce e arroventavano il pezzo fino a renderlo malleabile.
Turbina Pelton In acciaio altolegato al cromo- nichel-molibdeno. A destra: Pala per turbina Kaplan fusione in acciaio inossidabile.