Museo del Design del Friuli Venezia Giulia – Associazione di Promozione Sociale
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L'AMBITO GEOGRAFICO
Fabiani frequenta in modo continuo il territorio italiano e ha rapporti a Udine ben prima di lavorare nel campo dell’urbanistica nell’area tra Gorizia e Udine stessa dopo la prima guerra mondiale. Rimane sempre legato alla sua zona di origine e i suoi rapporti di lavoro lo portano di frequente a viaggiare e lavorare in territorio italiano e in territorio austriaco di lingua italiana. La sua famiglia ha importanti cariche a Trieste. Oltre ai lavori di arredo a Trieste per la Portoix & Fix i suoi lavori architettonici sono tra i pochi presentati per l’Austria all’Esposizione di Roma del 1911. Conosce sia Raimondo D’Aronco che Pietro Zanini.
L'AMBITO DI INTERVENTO
Fabiani è nella sua prima parte di professione il tipico architetto viennese di successo. Insegna, spazia da opere architettoniche al disegno di arredo.
I suoi rapporti con la Portois & Fix sono molto stretti sia dal punto professionale (progetta il palazzo della società, utilizza la stessa per produrre suoi arredi, è praticamente un consulente a tutto tondo) che personali. La fabbrica viennese fornisce gli arredi delle più grandi navi austriache a Trieste e Fabiani collabora anche in questo campo.
Il rapporto con la società si interrompe bruscamente quando Fabiani abbandona la figlia del proprietario sua promessa sposa il giorno antecedente le nozze.
I rapporti con la Antonio Volpe iniziano verosimilmente poco dopo.
La serie 212 riprende in toto, con la tecnologia del legno curvato a vapore, una sedia che Fabiani aveva disegnato per Palazzo Artaria, fabbricata dalla Portois & Fix.
L’idea del padiglione costruito a Udine e poi trasportato a Milano nel 1906 per l’esposizione Universale riprende un’idea di Fabiani del 1904. Il nome di Fabiani però, in Italia, prima della guerra non è spendibile. Viene vissuto come austriaco, come architetto di corte dell’erede al trono. Anche dopo la morte di Sarajevo dell’arciduca Ferdinando e della guerra mondiale Fabiani sarà visto sempre con sospetto dall’opinione pubblica italiana. È normale quindi che i giornali scrivendo della casa di legno trasportata a Milano non ne riportino il nome, mentre viene riportato il nome del falegname che la assembla.