Virtual tour, Royal family e Donne al Bauhaus: piccolo viaggio attraverso la tecnologia.

22 Luglio 2022

di Francesca Maiorana

 

Lo sapevate che uno dei primi fruitori di un virtual tour è stata la Regina Elisabetta II? Nel 1994, infatti, Her Majesty The Queen ha partecipato all’inaugurazione di una mostra in cui era possibile visitare un antico castello inglese così come si presentava nel XVI secolo. Questo è probabilmente la tipologia di virtual tour più diffusa: permettere alle persone di visitare luoghi lontani o ricostruire luoghi non più esistenti è una delle funzioni che questa tecnologia assolve egregiamente. Tuttavia, negli ultimi anni le applicazioni dei virtual tour sono aumentate entrando nel mondo dell’industria e della produzione. Come ci racconta Lisa Balasso di Design33, autrice del virtual tour che permette ai visitatori un’esperienza immersiva nella mostra Donne al Bauhaus, oggi molte aziende utilizzano questa tecnologia come ausilio per la riparazione a distanza di macchinari industriali, mentre attività commerciali legate al mercato degli immobili la utilizzano per permettere ai clienti visite a distanza. Indubbiamente siamo di fronte ad una tecnologia che la Pandemia da Covid-19 non ha fatto che implementare, ma come si integra con il mondo della cultura? Pandemia o no, anche in ambito museale i benefici sono evidenti: laddove mancano gli spazi, o laddove gli oggetti sono difficili da spostare, ecco che un virtual tour può rendere accessibile a tutti arte e cultura.

 

Se dunque a livello teorico emerge il ruolo del virtual tour come facilitatore per democratizzare la cultura, su un piano più pratico è interessante evidenziare gli aspetti tecnici e tecnologici che ne sottendono la realizzazione. Il tour creato per la mostra ospitata dal Padiglione Virtuale del MuDeFri nasce a partire dal progetto di allestimento e dalla costruzione di quello che sarà il percorso espositivo. Una volta create una serie di viste tridimensionali, tramite l’utilizzo di appositi software, sono stati aggiunti tutti quegli elementi che rendono l’ambiente un luogo interattivo, esperibile dal visitatore. Musica e audiodescrizioni, infatti, lo accompagnano mentre si muove intorno agli oggetti, si avvicina o si allontana.  Nel caso della mostra sulle Donne al Bauhaus la musica è stata concepita da Antonio Della Marina, attento sperimentatore di suoni e rumori. La virtualità del padiglione espositivo del MuDeFri si riflette in una grande libertà nelle scelte curatoriali legate agli oggetti: disposizione, fruizione, dimensioni, tutto può essere pensato affinché il visitatore abbia la migliore esperienza possibile. Ad esempio alcuni degli oggetti della mostra Donne al Bauhaus sono stati riprodotti in scala maggiore, fino a diventare quasi delle sculture, che possono essere apprezzate in ogni dettaglio, riducendo quella distanza tra realtà e virtualità su cui forse ha sempre meno senso soffermarsi.

 

Quale sarà il destino di questa tecnologia, continuerà ad essere implementata, perfezionata? Probabilmente sì, resta il fatto che dopo un boom nella sua commercializzazione durante la Pandemia, oggi sembra esserci un ostinato ritorno alla fisicità, alla presenza. Senza mettere in discussione il piacere e il valore di un’esperienza fisica come la visita di un museo o di una città dall’altra parte del mondo, alcune questioni sulla sostenibilità, l’accessibilità e la democraticità di questo tipo di turismo e di cultura rimangono in sospeso.

 

E se volete scoprire qualcosa in più su alcune delle donne legate alla storia del Bauhaus, potete entrare nel Padiglione virtuale del MuDeFri, quando volete e dove volete!

 

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