Riflessioni sul gioiello contemporaneo

1 Luglio 2018

Chi non è felice quando gli viene regalato un gioiello? Fosse pure un filo d’erba per anello, intrecciato per gioco, o la linguetta di una lattina abilmente modificata. Per chi si può permettere di più c’è gioiello e gioiello: gioielli preziosissimi, gioielli d’autore, gioielli industriali e vario “catename” – gergo professionale per definire la produzione di catene preziose che, nel settore professionale dell’oreficeria, si vendono a metro.

E poi … c’è il bijoux, termine francese che significa gioiello e da cui deriva bijouterie, minutaglia, rimasugli, o  piccoli oggetti disparati senza pregio né valore. Bigiotteria, dunque, espressione dal sapore denigrativo che fino a pochi anni fa rimandava collane, spille, orecchini un po’ pacchiani ma divertenti. Erano realizzati con i materiali più disparati, molto spesso in plastica, assemblaggi di componenti prodotti in serie.

 

Dal punto di vista del design è proprio questo l’aspetto che rende interessante l’argomento, specialmente oggi che nuove tecniche di lavorazione offrono inedite opportunità. Con i processi di stampaggio 3D si è aperto un mondo di possibilità che ha dischiuso le porte alla sperimentazione formale. Niente più problemi di sottosquadri, di peso, di fragilità. La sinterizzazione laser con nylon, per esempio, permette di avere oggetti cavi, leggerissimi, grandi, resistenti, dalle finiture perfette. La stampa fotografica a raggi ultravioletti consente di stampare qualunque decoro e colore su forme tridimensionali. In poche parole il valore aggiunto che caratterizza il gioiello si è trasferito dalla materia al progetto. Ciò che è prezioso non è più l’oro ma l’idea.

Gioiello deriva da gaudia, da cui gaudiellum, ma anche da jocum, da cui jocale che, nel medioevo, si usava nel senso di monile. Gioia e gioco: due parole che ispirano. Il gioco si concretizza in gioia attraverso gli strumenti familiari al design: progetto con programmi digitali dedicati, prototipazione tramite modellazione a deposizione fusa, produzione per stereolitografia. Quest’ultima consente precisione micrometrica ed è usata anche in campo dentale, chiudendo il cerchio intorno alla magica figura del guaritore e del mago, spesso orafo dentista fin dai tempi più antichi.

 

Dovremmo aprire un’enorme parentesi su nuovi e vecchi materiali che consentono alla creatività infinite declinazioni e al designer di operare in maniere differenti: “per interposta macchina”, affermando il suo distacco dalla manualità; come “maker”, il nuovo artigiano tecnologico che auto produce le proprie creazioni; oppure procedendo nel solco della tradizione orafa artigianale con un guizzo di innovazione. A questo proposito ogni anno a Venezia, in ottobre, si tiene Venice Design Week Jewelry Selection che premia i bijoux più innovativi offrendo un’imperdibile carrellata di novità.

 

Ai materiali, poi, bisogna sommare l’ergonomia perché gli oggetti da indossare devono fare bene i conti con il corpo umano. Infine il mercato: fare prodotti vendibili. E qui potremmo fare una riflessione sul significato simbolico di questi intriganti oggetti del desiderio. Un gioiello da esibire come un trofeo rimanda al prestigio, al successo, all’affermazione, all’esibizione esprimendo un codice paterno; considerato un puro ornamento manifesta il codice materno che, centrato sul desiderio di liberarsi da tutto ciò che è brutto, investe un oggetto di doti magiche e rassicuranti; la vistosità dei gioielli richiama il codice dei fratelli, che evoca rivalità e la paura di non riuscire a conquistare l’attenzione degli altri;  il luccichio rinvia al codice del bambino che deve  fronteggia la paura di non essere amato e di non piacere.

Tra valori materiali e immateriali gli ingredienti del design ci sono proprio tutti.

(Articolo uscito nell'inserto LifeStyle de Il Friuli, luglio 2018)

 

In  alto, Collana, collezione Sea Bed, COLLANEvrosi di Lodovica Fusco, 2017. (Ph. Nika Furlan)

La fotografia piccola è un gioiello di Olimpa Aveta, collana in materiale plastico, prod. Jewelshape, 2017.

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