A proposito del Bauhaus … storie di successo
6 Marzo 2020
Sebbene nel manifesto del Bauhaus venisse proclamata l’uguaglianza tra donne e uomini, dopo il corso di base preliminare, le studentesse erano indirizzate a seguire lezioni considerate più consone alla figura femminile, come tessitura, rilegatura di libri e ceramica che diventarono classi preminentemente femminili.
Diventarono anche classi di grande sperimentazione dove le lezioni teoriche sull’arte condotte da Johannes Itten, Paul Klee piuttosto che da Kandinsky si concretizzavano in lavori inediti non solo per disegno ma anche utilizzo di tecniche innovative. Gli altri laboratori come quello del legno e del metallo, grazie alle donne che, seppur raramente, vi furono ammesse, aprirono finestre su nuove sperimentazioni.
Alma Siedhoff-Buscher, per esempio, diede un contributo enorme alla pedagogia con i suoi giochi intelligenti fatti di solidi geometrici in legno con cui costruire architetture immaginarie, ma non bisogna dimenticare che, brevettati, furono anche fonte di guadagno. Ilse Fehiling sviluppò un palcoscenico rotante per marionette, Grete Reichardt inventò le “Peg dolls”.
Wera Meyer-Waldeck la fu prima donna a sostenere un esame di falegnameria in Turingia. I mobili essenziali ideati al Bauhaus sotto la guida di Marcel Breuer hanno una modernità spiazzante e le rende merito la sua carriera in ambiti prettamente maschili come la progettazione di aerei piuttosto che di cokerie.
Una delle poche donne del Bauhaus veramente conosciute è Marianne Brandt. Divenne anche docente del laboratorio del metallo, affiancata da Grit Vries Kallin-Fischer, ma soprattutto è stata designer di tanti noti oggetti di design, classici intramontabili. Gerda Marx non fu da meno ma visse a Mosca e forse per questo entrò in un cono d’ombra mediatica.
Scarti di metallo, erba, trucioli di legno, piume e filamenti di plastica, ultime conquiste dell’industria chimica, facevano parte del set da tessitura di Benita Koch-Otte. Come lei Anni Albers, Lena Meyer-Bergner, Margaret Leischner e Gunta Stolzl sono state prima studentesse, poi docenti e oggi esempi di innovazione il cui lavoro è conservato nei più importanti musei del mondo. Otti Berger fu l’unica a richiedere i brevetti per i suoi tessuti, peccato che non ne potè godere perché morì in un campo di concentramento.
Il corso di pittura murale fu l’occasione per sperimentare il segno astratto e l’applicazione della fotografia alla carta da parati. Maria Rasch era la figlia di un produttore, attese il corso al Bauhaus e, dal 1928, inizia a produrre la “Carta da parati del Bauhaus”.
Friedl Dicker-Brandeis era così brillante in tipografia che Johannes Itten le affidò l’ideazione del suo libro, “Utopia”. Irmgard Sorensen-Popitz divenne una nota grafica pubblicitaria collaborando con Lazlo Moholy-Nagy, Franz Ehrlich e Herbert Bayer alla rivista “Die Neue Linie”. Koka Tomljenovic fondò una sua agenzia pubblicitaria. Ma l’avventura forse più conosciuta è stata quella dello studio pubblicitario “ringl + pit”, fondata da Ellen Rosemberg e Grete Stern, presto note nella Berlino degli anni ’30 per i loro fotomontaggi ironici.
La storia del laboratorio di ceramica è curiosa perché fu aperto lontano da Weimar nel castello di Dornburg. Lì gli studenti dovevano anche cercarsi la materia prima per modellare le loro creazioni. Marguerite Friedlaender-Wildenhain fu una di loro, e la vita non doveva essere proprio facile.
Rè Soupault e Florence Henri sono state meteore al Bauhaus ma le loro vite professionali hanno lasciato tracce importanti nella moda e nella fotografia. La prima aveva disegnato le prime culotte per Paul Poiret, poi fondato la compagnia di moda “Ré Sport”, ma è stata anche regista e fotografa di valore. Le fotografie della seconda ne fanno una delle fotografe più note e affermate del dopoguerra. La fotografia fu uno dei campi in cui eccelsero molte delle studentesse, una tra tutte Judit Kàràsz, una dei protagonisti più importanti della fotografia documentaria ungherese.
L’avvento del nazismo non ha solo ingoiato un enorme numero di vite ma anche un intero bagaglio culturale. Bombardamenti e morte hanno irreparabilmente spazzato via vite e archivi professionali che non hanno avuto tempo di essere storicizzati. Persi per sempre, possiamo solo ricostruirli attraverso le testimonianze dirette e la ricerca. E contribuire a divulgarne gli esiti come per prime fecero Ise Gropius e Ilde Reiss-Friedmann dagli Stati Uniti, dove si rifugiarono; Ise gestendo il patrimonio nelle sue mani grazie alla collaborazione che ebbe con Gropius, Ilde diventando curatrice della sezione design del Walker Art Center a Minneapolis.
[Questa ricerca fa parte del progetto DONNE AL BAUHAUS / LEONARDO DESIGNER, progetto realizzato con il sostegno della regione Friuli Venezia Giulia, Assessorato alla Cultura]