Pur riconducibile a sistemi di attese e “forme di vita” tipiche di una stagione irripetibile, gran parte dell’avventura di Pasquinelli, è racchiusa nel fabbrile contraddittorio perenne in atto fra idea e corpo, fra materia e luogo, ed è in tale quadro che diviene lecito tracciare una lista delle priorità progettuali nel lavoro di Pasquinelli. 1) Il progetto nasce prioritariamente da ipotesi circa i suoi prevedibili – o meno – usi e solo in seconda battuta da ipotesi circa il modo del produrre. 2) Sia l’uso che il “non uso” del progetto hanno due medium d’eccezione nel corpo e nell’arte. Il corpo contribuisce a risolvere ogni valutazione “funzionale” in termini ancillari, di efficacia temperata dalla piacevolezza. La lezione dell’arte veicola la prassi esecutiva verso una “esuberante riduzione” che pur eliminando ridondanze e sprechi, è manifestamente in grado di offrire esiti eccedenti la mera somma delle parti coinvolte. 3) Il progetto è, nelle sue forme,  lineare e diretto. Il che non equivale affatto a “con economia di mezzi”, bensì in modo risoluto, esplicito. La riduzione degli elementi in gioco rappresenta quindi una conquista “costosa” sia intellettualmente che economicamente, comportando sovente l’intervento di alta precisione tecnologica. 4) La specificità progettuale – la pertinenza delle “porzioni” immaginate – è essenziale affinché il prodotto sia corretto e giusto. Occorre “saggiare” ad libitum e conoscere a fondo la materia che si progetta in quanto solo la confidenza con i materiali del progetto consente di anticipare, almeno in massima parte, gli esiti.

1973

Monica

Produzione Pallavisini / Thonet

Seduta e schienale in legno lamellare stampato, gambe in massello di faggio

                                      

Nata originariamente per Thonet, con Pallavisini nel ruolo di terzista, Monica rimarrà peraltro una vicenda tutta italiana in quanto proposta a un prezzo di produzione ritenuto troppo alto dalla ditta estera.

 

Con Monica si evidenzia un tema cardine della speculazione progettuale dell’autore: far convivere l’alto comfort della sedia fissa – impilabile o meno – con l’estrema concentrazione dell’area deputata a vincolare strutturalmente il progetto.
 

Ambientazione tratta  da un catalogo Pallavisini del 1970

I vertici alti delle gambe posteriore e anteriore sono saldate a comporre un cavalletto simmetrico a “V” rovescia di sezione costante. Nella fascia orizzontale viene concentrata l’area di fissaggio fra cavalletto, seduta e schienale. Quest’ultimo, pur essendo un sottile trilite arcuato, continua ad essere percepito – specie sul fronte – come un unico “rettangolo forato” instaurando decise eco col rettangolo “gemello” del piano di seduta. Ben evidenti e disposte alla medesima altezza, le viti di connessione proseguono sul retro della seduta per l’attacco dello schienale rimarcando la fascia strutturale di un progetto che all’illimitata impilabilità unisce con naturalezza un’elegante volumetria e una pronunciata tonalità informale – di cui l’elemento a cavaletto è il principale responsabile.