Ripari da indossare: Wearable Shelter

10 Ottobre 2017

La prima casa che ci viene data quando veniamo al mondo è il nostro corpo.

Per questo motivo, è nostro dovere curare e vestire questa dimora, al fine di proteggerla e poterla abitare con serenità. Non è forse questa la mission più profonda del fashion design?

Tuttavia, il 90% della popolazione mondiale non ha accesso alle soluzioni che il design ha da offrire  riguardo alla tutela del corpo e della dignità degli esseri umani. Ciononostante quando la moda privilegia un approccio intermedio fra una risposta immediata ed “emozionale”, tipica di associazioni no-profit, e una sistemica e di lungo periodo, affine a grandi istituzioni,  l’ingegno e l’istinto del designer si evolvono in un progetto umanitario che travalica il prodotto di design stesso e che cambia le vite di tutti gli attori della narrazione.


È il caso di EMPWR, il cappotto “che rafforza”: frutto del brand umanitario The Empowement Plan che, fondato nel 2011 dall’allora studentessa del College for Creative Studies Veronika Scott, è il risultato finale della volontà di dare lavoro a chi non ce l’ha e produrre, allo stesso tempo, un prodotto di prima necessità per i senzatetto. Ispirata dalle strade di Detroit, questa fashion designer ha progettato un giaccone in grado di trasformarsi in sacco a pelo. Per realizzarlo, oltre a collaborare con organizzazioni locali e a usufruire di donazioni di privati e di grandi imprese, ha deciso di offrire opportunità di lavoro ai destinatari del prodotto, rivolgendo la propria attenzione soprattutto a donne con figli a carico rimaste senza casa.

 

Un caso affine è quello di Angela Luna, alumna della Parsons School of Design e creatrice del brand umanitario ADIFF, il quale dal 2016 crea abiti reversibili per i rifugiati. La collezione include capi di abbigliamento impermeabili e multifunzione che possono trasformarsi in tende per due, tre, cinque persone, oppure in giacconi riflettenti utili in condizioni di scarsa visibilità. Progettati in risposta alla crisi mondiale delle migrazioni e ai problemi che ogni giorno i rifugiati devono affrontare, oggi i giacconi ADIFF sono prodotti di largo consumo. Il modello di business, tuttavia, resta ancora fortemente ancorato alle premesse sociali iniziali della collezione: per ogni giaccone acquistato, uno viene donato a un migrante.

 

Un’ultima storia di fashion design che si fa umano e umanitario, è quella di Bas Timmer e di Alexander de Groot: ispirati dalla morte per ipotermia del padre senzatetto di un loro amico, i due hanno creato, nel 2014, la Sheltersuit Foundation, fautrice di un’omonima giacca idrorepellente e antivento che può essere trasformata in una tuta protettiva integrale.  Con il contributo di materiali da parte di imprese europee - inizialmente tende e sacchi a pelo abbandonati e raccolti da luoghi ove si erano svolti dei festival - e l’impiego di rifugiati siriani nel processo produttivo, The Sheltersuit Foundation si adopera affinché le giacche possano essere date alle persone che ne hanno più bisogno affinché siano strumentali alla risoluzione di importanti problemi umanitari.

 

Qui potete visitare la mostra.

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