“Le persone ignorano il design che ignora le persone.”

 

[Frank Chimero, designer, scrittore e illustratore americano]

Deve contenere l’essenziale, essere sempre a portata di mano, adattarsi a diversi tipi di emergenza, facile da usare anche in condizioni disagevoli, non deve - se possibile - comportare barriere linguistiche (meglio le icone), deve potersi adattare a esigenze individuali, deve essere durevole, esteticamente gradevole, in modo da non finire nascosto in luoghi inaccessibili...

Anche da questa prima, incompleta lista appare evidente come progettare e produrre un kit di emergenza efficente non sia proprio facilissimo. Va da sé, il ‘kit universale’ non esiste e non potrebbe essere altrimenti. Non so se sia già stato fatto, ma uno studio comparativo tra kit di diversi paesi e magari di diverse epoche potrebbe dirci molto sulle società che li hanno prodotti.

Nonostante il tono scherzoso dimostri quanto facilmente si tenda ad associare il kit di emergenza all’idea di inutile gadget, in realtà il tema meriterebbe di essere esplorato con serietà progettuale a diverse latitudini e per diverse esigenze.

Rispetto al recente passato, alcune proposte si sono aggiornate includendo dispositivi per la ricarica dell’elettronica di consumo (manuale, solare, ecc.), una certa attenzione alla sostenibilità ambientale nella scelta dei materiali e, infine, un’estetica volta ad ampliare il target del prodotto, includendovi anche qualche design-addict. Tuttavia, anche solo considerando le attitudini di un consumatore medio occidentale, resta oscuro perché nella fatalità di un’emergenza il kit di sopravvivenza risulti identico per qualsiasi  sesso, generazione, stato fisico e mentale. Che ne pensano, per esempio, le persone diversamente abili? Food for thought, cari designer...

in questa sezione

- Minim+Aid

- Heat Rescue Disaster Recovery

- Kit di sopravvivenza pre-inciso

- Kit di sopravvivenza Patch